Senza controllo (Lucia Ruggieri)
Ivan Iron era un detective di successo di Londra. Il 24 maggio 1997, appena svegliatosi, uscì a prendere il giornale e, nella pagina dedicata alla cronaca, trovò un caso interessante. Si recò in fretta sul luogo dove lo aspettava il commissario con i suoi agenti e un ragazzo straniero.
«Ivan, che piacere rivederti! Vieni, ti presento Mich, Gregori Mich!».
Dopo le varie presentazioni Ivan volle controllare le vittime e gli appartamenti. Ordinò agli altri di andarsene. Dopo un accurata ispezione e il controllo di alcune mappe, uscì fuori dove si erano fermati Gregori e il commissario e sorridendo disse:
«Ho risolto il caso! Non ti dirò chi è il colpevole, ma ti darò una mano a risolvere il caso. Per il momento ti dico che l’assassino non aveva un buon movente per uccidere queste persone e forse non sa neanche di aver commesso il delitto. Esamina dall’alto questa vicenda!». Detto ciò andò via.
Passarono alcune settimane e i giornali non fecero altro che accusare Ivan per aver incolpato i più illustri funzionari dello stato del 1997 dei delitti di Sackville St.. Molti giornalisti lo assillavano e lui era felice: Gregori avrebbe potuto lavorare in pace. Quest’ultimo, ritrovatosi solo dopo l’arresto di Josch, era in preda al panico e non sapeva cosa fare. Decise allora di recarsi al commissariato per ricevere qualche notizia. Scoprì che erano stati interrogati i parenti delle vittime e che avevano confermato che il caro non si trovava in situazioni scomode da poter pensare al suicidio. Scoprì, inoltre, che altri casi erano rimasti senza una soluzione, ma uno in particolare lo colpì: quello di Arundel St.. I casi erano collegati per forza e capì che “esamina dall’alto” significava controllare le carte geografiche della città. Prima di farlo andò in giro per le vie dov’erano stati commessi gli omicidi.
Il n. 8 di Sackville St era in contrasto col resto dei palazzi: era di una tinta blu oltremare che si confondeva nella notte; le finestre e il portone sempre aperto erano contornati di bianco e i fiori decoravano il resto. Entrò in casa e cominciò a ispezionare senza capire come fosse riuscito Ivan a comprendere tutto in così poco tempo. Le vittime erano state uccise senza controllo certamente da un maniaco o da un sadico, dato che le avevano molti tagli sul corpo. Erano state ritrovate entrambe le armi del delitto e sul coltello erano state identificate tracce di sangue non appartenente alla vittima. Tutto gli faceva supporre che le tracce lasciate erano del colpevole e che lui non fosse registrato trai dati della scientifica che aveva esaminato il pugnale. Scoprì che, collegando il n. 8 con il n. 22 di Sackville St. si otteneva una I; la stessa cosa con gli appartamenti di Arundel St. Andò allora da Ivan per formulare con lui una teoria e prendere un caffé.
«Bene Ivan, l’assassino entra scassinando la serratura, si diverte un po’ con le vittime ferendosi e poi le uccide sparando vari colpi di pistola. Sfruttando il tetto arriva al n. 22 e fa la stessa cosa entrando per la soffitta. Hai detto che lui non aveva alcun movente e, fino a poco fa, non sapeva di aver commesso un simile delitto. Quindi potrebbe soffrire di personalità multipla o cose del genere».
Ivan non rispondeva… aveva gli occhi rossi, iniettati di sangue; la bocca era più larga e tirata. Mentre sorseggiava la bevanda si accorse cheil braccio destro ed entrambe le mani del collega presentavano leggeri tagli. Questi, sorseggiato il caffé, iniziò a muversi lento per il corridoio e il salotto come se aspettasse qualcosa. Gregori, spaventato, si recò in fretta al commissariato a riferire la faccenda e un funzionario gli spiegò che era normale: Ivan era affetto da disturbi mentali e, una volta diventato Ivi, non si rendeva più conto di ciò che faceva divenendo così malvagio. Gregori sgranò gli occhi e si alzò in piedi dicendo di aver risolto il caso. Si fece accompagnare a casa di Ivan senza svelare nulla. Durante il tragitto in auto pensò che il criminale si sarebbe potuto difendere senza problemi grazie alla sua fama e ai suoi soldi. Arrivati iniziò a parlare con incertezza al detective che non mostrava segni di cambiamento.
«Ho la soluzione del caso in pugno: l’assassino è un uomo. È alto circa… Quanto sei alto Ivan? Ah si, 1,83 m. Come dicevo l’assassino uccide solo per il gusto di farlo e scommetto che voi altri morite dalla voglia di sapere come si chiama, giusto?! Il nome inizia per …».
«Non c’è bisogno di continuare ‒ lo interruppe Ivan ‒ sei stato molto attento alle mie parole. Non volevo svelare il mistero per non rovinare la mia carriera: non sono riuscito a trattenere Ivi Ingam, la mia seconda vita, e lui ha pensato bene di ferirmi moralmente e farmi arrestare. Anche se lui vive nel mio corpo non è ancora abituato a rimanere rinchiuso. Bene, almeno non farà più male a nessuno».
Mentre parlava i suoi occhi divennero rossi e il suo corpo pareva attraversato da un demone. Quando quest’ultimo arrivò alla bocca, Ivan tremò e Ivi prese il sopravvento. Gregori rimase immobile davanti a lui mentre gli altri si rifugiarono in cucina. L’investigatore inizio a guardare Ivi negli occhi: sentì la testa capovolgersi e girare in un vortice di mille colori che andavano macchiandosi di rosso. A ogni colpo di pistola che sentiva un colore diventava sangue, fino a formare una laguna rossa. Era bloccato, non sapeva cosa fare. Sentiva qualcosa che gli toccava il braccio e il petto e trapassargli la pelle.
Chiudendo con insistenza gli occhi, Gregori riuscì a tornare alla realtà pieno di graffi con la camicia sbottonata e la cravatta sulla schiena, con una pistola che gli sfiorava la tempia destra. La fermò appena in tempo scagliandola via e rotolando fino al divano. Capì che Ivi, prima di torturale e ucciderle, aveva annebbiato la mente delle vittime col suo sguardo impenetrabile. Poi il reo gli sussurrò una frase che lo turbò.
«Nulla è più atroce del dubbio!».
Allora si fermò e un tremito gli scosse il corpo mentre Ivan tornava. Si scambiarono altre quattro volte e Ivan continuava a ripetere a Gregori di sbrigarsi a rinchiuderlo, mentre Ivi lo minacciava di uccidere guardie e detenuti di qualsiasi carcere in cui fosse stato imprigionato. Il detective era entrato ancora una volta nel dubbio guardando negli occhi Ivi.
Avvertita dal commissario, arrivò la squadra speciale che afferrò il pervertito portandolo via. Ivan, dopo un breve processo fu arrestato e rinchiuso in una cella d’isolamento del manicomio. Prima però gli permisero di parlare con Gregori.
«Scusa per come si è comportato Ivi. Comunque credo sia meglio non starti troppo vicino dato che chiunque abbia mai lavorato con te, Gregori, è finito in carcere!». Detto questo lo portarono via.
Iniziò a rifletté su ciò che l’ex collega gli aveva detto ridendoci su pensando di poter risolvere ogni caso con questo su infallibile metodo!
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